Nel momento in cui nasce un bambino, nasce anche la madre. Lei non è mai esistita prima. Esisteva la donna, ma la madre mai. Una madre è qualcosa di assolutamente nuovo.

 

Le mamme in dolce attesa aspettano con trepidazione per circa 40 settimane l’arrivo del loro piccolo: l’evento del travaglio e della nascita è un momento sacro, per la mamma e per il loro bambino. Trova grandissima spiegazione sia dal punto di vista scientifico, sia dal punto di vista emozionale: la coppia va incontro ad una vera separazione. Separazione in termini di fisicità, ma anche in termini ormonali ed emotivi. Il travaglio di parto è una fase preparatoria a questa divisione; avverte la mamma che la gravidanza sta per terminare con la venuta al mondo del suo bambino che per mesi ha immaginato. Avverte anche il piccolo che sta andando incontro ad un’esperienza, la principale e più importante della sua vita.

Gli ormoni femminili giocano un ruolo fondamentale e consentono alla donna di ritrovare dentro di sé le risorse e le competenze adeguate per partorire autonomamente: innescano il travaglio di parto con meccanismi e sensazioni che la aiutano a ricercare le strategie migliori per affrontarlo brillantemente. L’istinto di nidificazione, si contrappone all’ansia di separarsi dal proprio corpo. Il passaggio da figlia a madre segna una nuova identità. Ecco perché esiste il travaglio di parto, ossia aiutare gradualmente la donna a prendere coscienza anche di questi passaggi.

 

Prima dell’innesco del vero travaglio, si riconosce una prima fase definita prodromica: è una fase di adattamento, in cui la donna si avvicina al dolore da parto. Le contrazioni si presentano irregolari, infrequenti, con dolore più o meno intenso. Può associarsi alla perdita del tappo mucoso o alla rottura delle membrane e perdurare anche più di 24 ore. I dolori percepiti però, non sono tanto efficaci da determinare la nascita del piccolo: servono principalmente ad avvertire la coppia che a breve inizierà la fase del travaglio.

 

Il travaglio vero e proprio possiamo distinguerlo in una prima fase detta dilatante ed in una finale definita espulsiva. La prima, si identifica con la comparsa di contrazioni regolari, frequenti, dolorose, irradiate nell’area addominale e/o lombo-sacrale. Il dolore è un dolore alternato: inizia lentamente, raggiunge un massimo picco e poi svanisce, lasciando alla futura mamma una breve pausa. È tale da indurre modificazioni al collo dell’utero sia a livello di dilatazione, sia a livello di accorciamento. Allo stesso modo, aiuterà il piccolo ad impegnarsi nei vari strati della pelvi materna.

Una volta raggiunta la dilatazione completa e con il bambino posizionato correttamente, avrà inizio la fase espulsiva. A differenza della precedente, la donna è al centro della propria esperienza di maternità: avvertirà un premito incoercibile che contrasterà attraverso la spinta stessa. La contrazione della fase espulsiva non sarà tanto una contrazione dolorosa, bensì liberatoria.

 

La durata del travaglio di parto è intersoggettiva da donna a donna e muta a seconda delle sue caratteristiche: età, parto precedente, paure e timori, fattori esterni, il suo vissuto, caratteristiche dell’utero e del bambino, analgesia, il sostegno emotivo ricevuto, etc.  Ciò che però tengo a sottolineare è che questa fa parte di una delle tante esperienze assolutamente fisiologiche che caratterizzano il mondo femminile. Il dolore non dovrebbe essere respinto, ma accolto e per fare questo è necessario avere la consapevolezza e conoscere tutto ciò che riguarda un evento così importante.

 

La coscienza dei tempi, dei meccanismi e delle sensazioni del travaglio aiuta le donne a vivere e gestire con maggiore tranquillità, controllo e serenità le fasi decisive della nascita: siate sempre le protagoniste ed il centro fondamentale dell’esperienza più significativa della vostra vita.