A partire dal 2020 il Ministero della Salute ha istituito in Italia le nuove Linee di indirizzo sull’interruzione volontaria di gravidanza, in particolare, riguardo l’aborto farmacologico.

 

Sono molte le donne che ancora oggi ricorrono a tale metodologia per l’interruzione di una gravidanza indesiderata e la tecnica farmacologica risulta essere il trattamento di prima scelta nelle settimane precoci di gestazione, meno invasivo, sia dal punto di vista fisico, ma soprattutto psicologico. 

 

Rispetto al 2009, è stato annullato l’obbligo di ricovero dall’assunzione della pillola Ru486 ed è stato allungato il periodo di somministrazione, dalla 7° alla 9° settimana di età gestazionale, ovvero fino al 63° giorno compiuto.

 

Con aborto farmacologico si intende l'interruzione della gravidanza effettuata attraverso specifici farmaci, il Mefipristone assunto in ospedale o in ambulatorio ed il Misoprostolo, somministrato a casa a distanza di 24-48 ore. È un’alternativa molto efficace e sicura all’aborto chirurgico, un progresso immenso per la salute delle donne, che effettuata direttamente nel proprio ambiente, garantisce la riservatezza, un contesto privato di supporto e la riduzione delle visite successive. Rimane sempre di per sé un evento traumatico che potrebbe indurre effetti avversi nel benessere della donna: perdite ematiche abbondanti, dolori forti, e talvolta, esiti di insuccesso. Ecco perché è necessario un follow-up nei 14 giorni seguenti l’assunzione.

 

Nonostante riduca l’impegno della donna nell’atto pratico, ha sempre un grandissimo impatto emotivo. La scelta di interrompere una gravidanza non è semplice e alla base i sentimenti sono sempre contrastanti: sconfitta, paura, incapacità di fare la cosa giusta. Talvolta la voglia di proseguire la gestazione, dall’altra, la consapevolezza di non potere o riuscire a farlo. Ciò che conta è ritrovare la propria strada, ponderare ogni scelta, condividerla e ricercare gli strumenti adeguati per affrontarla.